Tre domande al prof.Massimo Di Felice sulla cittadinanza digitaleTre domande al prof.Massimo Di Felice sulla cittadinanza digitale
1. Che cosa si intende per cittadinanza digitale ?
La cittadinanza digitale sta ad indicare l’ inizo di una nuova era della partecipazione, una vera e propria trasfigurazione della democrazia come l’ abbiamo conosciuta fino ad ora in tutto l’ occidente.
L’ idea di democrazia in occidente, ossia dai greci fino agli stati moderni, è basata su una specifica idea dia società, immaginata come una ecologia composta da soli individui, ossia come un mondo di soli soggetti umani. Conseguentemente anche la politica e l’ agire politico sono stati pensati e descritti come il luogo dell’ azione delle persone e come lo spazio del conflitto e della contrattazione tra queste. Dall’ animale politico aristotelico, all’ azione politica di H. Arendt, fino all’ agire comunicativo di J. Habermass, la narrativa occidentale sulla partecipazione ha limitato l’ agire all’ uomo, relegando tutto il resto, tecnica, cose, animali, biodiversità, acqua, foreste e alberi, alla condizione di oggetti e di materialità passive.
Sappiamo oggi che la nostra società non è più composta appena da individui. Algoritmi, software, banche di dati, sensori, dispositivi di connessione, sono oggi entità attive ed indispensabili per la realizzazione di ogni tipo di azione. Non solo gli umani, grazie all’ internet delle cose e ai mutamenti climatici hanno percepito di non essere più gli unici esseri attivi e comunicanti, portatori di una ragione e di una intelligenza unica ma, in seguito all’ incremento della connessione all’ interno della biosfera, resa possibile grazie alle diffusione di sensori e di reti ecologiche digitali, la specie umana si è scoperta, oggi, vincolata, dipendente in ogni sua forma,dall’agire dai non umani, siano questi, tecnologie,dati, il clima, l’ acqua o le foreste.
Constatiamo, pertanto, la crisi di una narrativa e di una visione di mondo, quella occidentale, che ha descritto la natura, la tecnica, e ogni tipo di superficie come realtà esterne e dipendenti dal soggetto pensante. Alla crisi dell’ idea di società corrisponde, dunque, il declino dell’ idea occidentale di politica, intesa come la partecipazione, lo scambio, il conflitto e la contrattazione tra soli soggetti umani.
Tale crisi, quella dell’ idea di società e quella dell’ idea di politica, non sono, pertanto, crisi congiunturali ma l’ espressione di una trasformazione qualitativa.La nostra idea di democrazia è obsoleta. All’ interno delle ecologie di Gaia e delle reti interattive tra entità diverse, l’ idea di partecipazione descritta dalla politica occidentale e inattuale. I nostri parlamenti sono composti appena da umani e la nostra idea di partecipazione è la stessa di quella narrata da Pericle nel V sec. A.C.. L’ idea occidentale di democrazia limita la partecipazione dei cittadini al voto, ogni quattro anni, anche se ogni giorno e in ogni circostanza possiamo partecipare e agire attraverso dispositivi mobili, connessi a banche di dati e a reti informative. Robot, algoritmi, forme di intelligenza automatizzata, entità non umane hanno iniziato a far parte del nostro convivio. I mutamenti climatici, gli indici di inquinamento, lo spread, e i flussi finanziari digitali, influenzano il nostro quotidiano, intervenendo direttamente sulle nostre decisione e sul nostro modo di pensare e di agire.
Ecco la cittadinanza digitale può, quindi, essere sinteticamente descritta come il passaggio dai parlamenti alle piattaforme digitali o, ancora, come una traslazione della nostra condizione abitativa che ci vede passare dalle ecologie urbane, politiche e nazionali della sfera pubblica, alle ecologia di reti di interazione biosferiche. Non siamo più soltanto cittadini di città, paesio nazioni ma abitanti di galassie di bit.
2. Per descrivere la complessità di tali interazione in rete, tra gli umani e i non umani, rese possibili e dal processo di digitalizzazione, lei ha creato il concetto di Net-attivismo che descrive, in polemica con B. Latour, la qualità connettiva delle interazioni. Secondo lei qual’ è il ruolo della tecnologie digitali nella costruzione delle nuove forme di partecipazione e di questa nuova forma di cittadinanza?
L’ idea di cittadinanza digitale può essere anche sintetizzate come il passaggio dalle forme politiche e antropocentriche dell’ agire a quelle ecologiche e complesse,costruite in collaborazione con le intelligenze non umane. Le prime erano basate in identità ideologiche in opinioni soggettive e collettive e orientate a priori da visioni di mondo precodificate, le seconde sono costruite a posteriori, in seguito allo scambio di dati e all’ interazioni tra umani e non umani. L’ idea digitale di cittadinanza parte dalla constatazione che in ecologie hiper-complesse come quelle delle reti di reti digitali che compongono la biosfera connessa di Gaia, i processi decisionali possono essere presi solo in collaborazione con algoritmi, robot e intelligenze non umane. All’ atteggiamento militante e morale proprio della politica e dell’ agire ideologicamente orientato, succede la forma tecno-scientifica orientata dai dati, dalla moltiplicazione emergente di variabili e dall’ incertezza adattativa che è possibile costruire solo in collaborazione con le forme di processamento digitali computerizzate. Queste ultime non devono, tuttavia, essere confuse con le forme di governo tecnico, ne con una sorta di nuovo tipo di assolutismo dei dati o di autoritarismo scientifico. Al contrario, l’ hiper complessita delle reti è mergente e mutante e quindi sempre incerta e volubile.
E’ necessario sviluppare nuove narrative su tale forma di complessità, mi sembra interessante a riguardo il concetto di cosmopolitica sviluppata da I. Stengers.
Il saperes cientifico, in ogni ambito, oggi, produce conoscenza attraverso i computer e l’ utilizzo di strumenti digitali, ossia mediante una interazione non strumentale ma qualitativa e sinergica, capace di rivelare all’ umano nuovi orizzonti e nuovi mondi. Gli strumenti tecnici di osservazione e costruzione dei dati non sono mai stati passivi e dall’ interazione con questi che nascono nuovi universi, basati su nuove materialità e nuove qualità interazionali.
Le grandi trasformazioni della nostra società non verranno più dalla politica ma dal sapere scientifico e dalle tecnologie digitali che stanno cambiando qualitativamente non solo il nostro modo di interagire ma la nostra condizione abitativa e le caratteristiche della nostra specie. Penso alle Blockchain, alle connessione 5G, alle intelligenze artificiali, alle biotecnologie e alle nanotecnologie. Il processo di digitalizzazione è oggi un processo di creazione di nuovi mondi, una trasfigurazione del reale, cosi come lo abbiamo inteso e percepito fino ad ora.
Il net-attivismo è una teoria per descrivere l’ agire connettivo all’ interno delle reti digitali, un agire non più antropomorfico, la cui comprensione si basa sulla necessita epistemica di superazione delle dicotomia umano-tecnica umano-natura. L’ abbiamo sviluppata in Brasile, pensando alle complessità delle relazioni all’interno delle foreste tropicali.
Da questo punto di vista le ecologie del net-attivismo non sono ne umano centriche ne tecno-centriche ma connettive. Ecco nella cittadinanza digitale, in ultima analisi, la partecipazione non sarà più politica e ideologica ma connettiva e complessa.
3. All’ interno di questo quadro da lei descritto sulla cittadinanza digitale, come si spiegano la moltiplicazione di fenomeni elettorali degli ultimi anni come la vittoria di Trump negli Stati Uniti o la recente vittoria di Bolsonaro in Brasile ?
In primo luogo i fenomeni ai quali si fa riferimento non sono appena fenomeni elettorali, ossia non incontrano spiegazione appena nei risultati delle urne ma sono l’ espressione di un insieme di con-cause che sono anteriori all’ avvenimento elettorale. Diceva Bobbio che la democrazia non coincide con il processo elettorale e lo stato di salute di una democrazia non si misura con il risultato dello spoglio delle urne ma con il livello reali di quotidiana partecipazione della popolazione ai processi decisionali, durante tutto il periodo che antecede la competizione elettorale. E se guardiamo le istituzioni che compongono il tessuto sociale dei due paesi da lei citati non possiamo che riscontrare, all’ interno di tali democrazie, la permanenza di una cultura autoritaria, verticistica, basata su una idea gerarchica del sociale che venera la cultura del leader, nelle imprese, nei partiti, nelle chiese, finanche nelle università. Tale cultura è particolarmente presente in queste società contaminandone le relazioni all’ interno e costruendo un clima che inibisce la partecipazione spontanea e critica. Un secondo aspetto e una seconda con-causa è presente nella crisi definitiva dei partiti politici a livello mondiale. Anche queste istituzioni, verticistiche e novecentesche, invece di favorire la partecipazione, il dibattito e il dialogo si sono trasformate, dopo la crisi delle ideologie, in agenzie di marketing e in macchine da guerra per vincere le elezioni. Non sono più stati gli spazi del dibattito critico e creativo e della pluralità culturale e di visioni trasformandosi in spazi di potere e di compra vendita di voti. Se a tale aspetto associamo la diffusione di una cultura della trasparenza e della partecipazione diretta inaugurata dalle reti digitali, si comprende il progressivo e definitivo distacco della società civile dalle istituzioni politiche e in particolare dai partiti. Una terza concausa è riconoscibile nel fallimento della scuole pubbliche e nel sistematico mancato investimento in questi paesi per il loro miglioramento, avvenuto negli ultimi decenni. Ciò fa si che, sia negli Stati Uniti che in Brasile, il livello culturale medio della popolazione è molto basso con un conseguente impoverimento del dibattito politico e della cultura del dialogo e della partecipazione. Ma c’ è un ultimo aspetto particolarmente importante a mio avviso. Stiamo assistendo, a livello mondiale, alla crisi del modello occidentale di democrazia, basato sulla centralità dell’ umano e sulla centralità del principio della delega. Tale crisi è strettamente legata all’ avvento di una nuova architettura informativa e interattiva a forma di rete. Abbiamo visto nel corso della storia come ad ogni rivoluzione comunicativa corrisponda un modello partecipativo distinto. Se l’ oralità e il teatro creano la democrazia ateniese, sarà la tipografia e la diffusione del libro a permettere l’ avvento della società a contratto, cosi come sarà attraverso la costruzione della sfera pubblica, impressa e elettrificata, che nasceranno le democrazie nazionali europee. Ebbene, l’ ennesima rivoluzione comunicativa, quella delle reti digitali di ultima generazione, quella delle Blockchain, dei Big data, della robotica, dell’ internet delle cose e delle intelligenze artificialist, sta creando una nuova architettura della partecipazione che è necessario studiare e comprendere. Il problema è che per interpretare tali trasformazioni non abbiamo una teoria sociale o una teoria politica già pronte. E’ necessario svilupparle ma, ahimè, le scienze sociali sono discipline conservatrici, legate alla tradizione e ai loro paradigmi del passato e, quindi, assolutamente incapaci di intercettare e comprendere le trasformazioni in atto. La società, in generale, paga caro l’ assenza di una nuova teoria del sociale e di un interpretazione che gli permetta di comprendere la qualità del cambiamento in atto offrendogli l’ ulteriore possibilità di un agire cosciente. E’ all’ interno di questa assenza interpretativa che prendono forza l’ emotività, le paure, la xenofobia e i discorsi autoritari.
In tali momenti di trasformazione paradigmatica, dovrebbero essere le scienze sociali ad aiutare la società offrendo a questa un nuovo linguaggio capace di interpretare il nostro tempo e di decifrare le nuove sfide.
Siamo agli inizi di una nuova epoca, l’ innovazione informatizzata sta creando nuovi mondi, aprendo la possibilità di sperimentare nuove relazioni tra entità, codici, e organismi. Siamo alle soglie dell’ avvento di una nuova specie umana, abbiamo la possibilità di mettere in rete le intelligenze automatizzate, con quelle umane e con quelle del clima, dei dati, per creare nuove condizioni di vita e di interazioni, più intelligenti e più sostenibili. La nostra epoca è un epoca meravigliosa ma siamo ottusi e accecati dal vecchio linguaggio che ci imprigiona nelle vecchie categorie del sociale e del politico: la destra, la sinistra, le elezioni, il leader, il voto, il fascismo, il socialismo, il populismo etc.
Le scienze sociali e umane hanno una grande responsabilità, hanno deciso di continuare a vivere nella modernità industriale, o in un limbo post moderno e, per questo, scompariranno.
Lo sviluppo della cittadinanza digitale avrà bisogno di un nuovo tipo di sapere.