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Foto do escritorMassimo Di Felice

LA RICERCA NELLE RETI E LA NAVIGAZIONE IN ACQUE PROFONDE II


Immerso tra mare e stelle, tra le profondità degli abissi marini e le distanze infinite che intercorrono tra le stelle del cielo, l’andare del marinaio (si legga ricercatore) per acque profonde assume una sua più nitida visione e una sua maggiore comprensione, non durante la consultazione delle mappe e delle carte geografiche ma nella notte. Infatti è nella notte che il cielo stellato appare e che l’acqua prende lo stesso colore del cielo e si confonde con lui al ricevere il riflesso della luce della luna. È nella notte che la nave assomiglia di più ad un’astronave intergalattica, e che la navigazione non assomiglia più a qualcosa che percorre distanze marine ma alla forma magica di un astronave che compie viaggi interstellari.

In questa condizione la navigazione (si legga ricerca) smette di essere un movimento da un punto della mappa ad un altro, o una rotta da compiere, per divenire un andare plurale che comprende il transitare nell’oscurità della profondità degli abissi marini, il transitare per le galassie del cielo, e il viaggiare nell’immaginazione stessa. Si tratta, quindi, di un transitare non in una geografia sola o in uno spazio-tempo, ma del transitare in reti che si intersecano e compongono una meta spazialità ne interna ne esterna. Per questo tipo di navigazione a poco servono al marinaio (ricercatore) la consultazione dei manuali di navigazione, o la lettura dei racconti di mare o delle storie delle grandi spedizioni, dei naufragi leggendari e affini.

Questi testi raccontano soltanto di traversate misurate in miglia marine, di riempimenti di distanze, cioè di viaggi e di navigazioni in uno spazio e in un tempo determinati, di unioni di punti in una cartografia, fatta di città, paesi, e continenti. La navigazione in acque profonde ha bisogno di un sapere distinto da quello che si apprende in accademia, ha bisogno di un tipo di ¨expertise¨ particolare che non veda la navigazione come un semplice andare della propria nave e di sé stessi, ma come un’attività connettiva, espressione di un sapere non ombelicale ma ecologico, capace di connettere le galassie, l’abisso marino e l’immaginazione del marinaio (si legga ricercatore). È questo un tipo di sapere che si impara nelle notti stellate, in alto mare, navigando nelle reti e nelle profondità interiori. Una conoscenza e un’expertise che porta a chiedersi continuamente “perché navigare tanto e andare cosi lontano se abbiamo tutto facilmente alla nostra portata là sulla terra?”


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