Cos’è un’astronave pirata?
È un luogo di fuga, uno spazio che, a causa delle lunghe decorrenze del viaggio che il tempo ritma lentamente, tra un assalto e una lunga traversata, diventa una architettura propizia alla riflessione. Ma, soprattutto, una nave pirata è il posto dove si impara uno stile di vita, una forma di essere, di affrontare mare e pericoli.
Diventare pirata non è in sé e per sé garanzia di immunità contro la superficialità e la stupidità, ma l’espressione della consapevolezza del non senso di tutti i regni e di tutte le accademie militari, dell’infinita debolezza di tutti gli eserciti regolari e dei loro stupidi rituali. Diventare pirata è conseguenza di ciò, significa prendere atto di non aver bandiera e sapere di non tornare ad averla mai più. Una nave pirata è, quindi, da questo punto di vista, un posto di fuggitivi dalla normalità e di espulsi dalla terra ferma.
Una nave pirata è un posto insicuro. Ogni marinaio sa, dal suo primo giorno di navigazione, che il suo destino è in fondo al mare e che la differenza sta solo nel tempo in più che si riesce a guadagnare, prolungando il viaggio prima dell’inevitabile naufragio e dell’inevitabile fine. Ma sono, esattamente, questa consapevolezza, questa vicinanza al pericolo e questa assoluta precarietà a permettere e a rendere possibile l’esistenza di una certa autenticità. Una nave pirata è, quindi, uno spazio di sospensione, un luogo di attesa e, per questo e questo soltanto, è un luogo di comunicazione autentica, come solo può essere autentico chi sta per affondare e vive nell’immediatezza della fine.
Ho deciso di imbarcarmi anni fa, come un atto estremo e ultimo di insubordinazione verso la mia città e i suoi abitanti, dediti i solamente al successo, alla fama e al denaro. Più che imbarcarmi mi sono gettato sulla nave, se non l’avessi centrata sarei caduto in mare, anticipando,così, il mio destino. Il tempo mi ha dimostrato che la mia scelta è stata quella vera e il risultato di un gesto autentico.