“Non siamo ne di destra ne di sinistra… siamo quelli di sotto”… dicevano gli zapatisti negli anni novanta, all’ inizio delle forme di conflittualità globali digitali. Una nuova rivoluzione francese era nata, scrisse A. Touraine a proposito. Una svolta paradigmatica e non ispirata alle categorie europee della politica ne, pertanto inscrivibile all’ interno delle conrtapposizioni ideologiche binarie sinistra e destra.
L’ avvento dei social network, del wi-fi , della computazione mobile e delle reti di informazione distribuite, oltre al nostro modo di relazionarci, hanno cambiato per sempre anche le forme di conflittualità e il rapporto tra cittadini e governo.
Ad aver ha accumunato i vari movimenti che si sono succeduti in ogni angolo del pianeta negli ultimi dieci anni, dal V-Day italiano (2007) alla primavera araba (2011), al movimento degli indignados in Spagna (2011), Geraçao A Rasca in Portogallo (2011), Occupy Wall Strett (2011), as jornadas de junho in Brasile (2013) la rivolta degli ombrelli ad Hong Kong (2017), fino alle proteste del movimento dei gilets gialli, in corso in questi giorni in tutta la Francia, sono state le comuni caratteristiche informative e digitali di tali non convenzionali forme di protesta. Nati tutti dalle reti digitali e dai social network, sono stati tutti conflitti spontanei, senza mediatori e in esplicito contrapposizione con la sinistra o con gli storici apparati istituzionali mediatori dei conflitti (sindacato e partiti).
Dal 2010 al 2015 il centro internazionale di ricerca Atopos della Universita di S. Paulo USP ha svolto una ricerca comparata realizzata in quattro paesi: Portogallo, Francia, Italia e Brasile, il cui obiettivo è stato quello di identificare l’ ecologia “atopiche” di tali inedite forme di conflitto che li vedeva transitare dalle reti digitali alle strade per tornare di nuovo on line, dove venivano postate le immagini delle manifestazioni e dove avvenivano attribuite le interpretazioni e dove, di fatto, si svolgeva il dibattito. Una azione connessa, non solo umana e politica, ossia composta e realizzata soltanto da persone, ma in rete e quindi estesa a circuiti, dati, architetture informative, strade che, date le sue dimensioni ecologiche definimmo net-attivismo. Decine di pubblicazioni in vari idiomi, quattro università coinvolte (Un. Roma III, EHESS Paris, Un.Lusofona de Porto, Un.de S.Paulo) e sei congressi internazionali sparsi per il mondo ai quali hanno partecipato docenti, ricercatori e attivisti di ogni angolo del pianeta, hanno aperto un campo di studi non disciplinare il cui obiettivo è stato ed è ancora, quello di contribuire alla creazione di un nuovo lessico della partecipazione, del conflitto e della cittadinanza in reti complesse, composte non solo da umani.
L’ emergenza di un agire connettivo, non narrabile nei termini della teoria sociale dell’ azione, in quanto non realizzato appena da soggetti-attori, ha portato a sperimentare nuove forme di partecipazione in ogni angolo del pianeta che, anche se sorte in contesti politicamente e socialmente diversi, mostrano alcune caratteristiche comuni:
# la critica alla democrazia rappresentativa
#la sperimentazione di nuove forme di partecipazione attraverso piattafome digitali
#l’ incremento della partecipazione del cittadino via web
# la critica ad ogni tipo di avanguardia o gerarchia,
# Il rifiuto di simboli o bandiere di partiti o istituzioni
# la sperimentazione di forme digitali-dirette della partecipazione
# la sostituzione dei leader con i portavoce
# il rifiuto dell’ istituzionalizzazione
# la lotta per la trasparenza e l’ accesso di tutti ai dati
# Il rifiuto esplicito di ogni appartenenza ideologica - destra o sinistra
# la lotta per il passaggio dalla democrazia rappresentativa alla democrazia deliberativa
# la valorizzazione dell’ anonimato
Il conflitto delle gilets gialli si inserisce in questa storia e non trova spiegazioni o interpretazioni plausibili all’ interno dei manuali di sociologia, in quelli delle scienze politiche o ancora in quelli delle giovani marmotte della sinistra europea. Fa parte di quella lunga serie di oggetti politici non identificati (OPNI), forme di conflittualità connesse, senza leader, ne fasciste ne rivoluzionarie. La politica non li riconosce poiché non ha un vocabolario per nominarli, le scienze sociali non riescono ad interpretarli poiché non possiedono una teoria dell’ azione e del sociale idonee. E’ in tale direzione che si deve intendere la fine del progetto Europeo e la crisi della sua idea del mondo. La crisi europea ha poco a che vedere con l economia e i numeri decimali. Riguarda, al contrario, i suoi presupposti epistemici e la stessa ontologica architettura del suo pensiero: l umanesimo, la tecnica, la natura.
Nel mondo che viene, le reti, le Blockchain, le forme non umane di intelligenza e le ecologie di Gaia non si presentano più come oggetti esterni, strumenti governabili e controllabili dall’ uomo. Non fanno più parte delle ecologie di un mondo composto da soggetti e oggetti. Alle democrazie parlamentari succedono le piattaforme e le reti di interazioni complesse tra entità di diversa natura.
Più che nuove riforme ed indicatori economici è necessario immaginarsi un nuovo mondo.
Link sul concetto di Net-attivismo
https://www.youtube.com/watch?v=xb__0bPVWes
Link sulle loro rivenndicaizoni:
https://www.tpi.it/2018/12/02/chi-sono-gilet-gialli/